Amelia Rosselli

Amelia Rosselli

Amelia Rosselli

Nata in Francia il 28 marzo del 1930, figlia di Carlo Rosselli, antifascista attivista fuggito dall’Italia e ucciso nel 1937 dai servizi segreti italiani. L’uccisione del padre e dello zio  imprime nel carattere della futura scrittrice un senso di tragedia della vita, un debole senso di riconoscersi a qualsivoglia cultura e società, Amelia sviluppa un solco  profondo di non appartenenza costretta a migrare con la madre da un paese all’altro dell’Europa durante la giovinezza, toccando persino gli Stati Uniti. Il ritorno in Italia è il punto di partenza delle sue esperienze letterarie e culturali; riprende gli studi poiché i titoli che si porta dai territori esteri non gli vengono riconosciuti, siamo nel ’48 ed oramai orfana anche di madre si dedica a studi letterari e filosofici. Viene gettata nella mischia della poesia ufficiale da  Pier Paolo Pasolini il quale nel 1963 pubblicò ventiquattro sue poesie su una rivista letteraria da lui diretta . Il grande friulano definisce la scrittura di Amelia una “poetica di lapsus”, carica di errori e di illogici avvicendamenti di versi e pensieri; un tratto distintivo e facilmente riscontrabile in quasi tutte le sue produzioni. La lingua della Rosselli è una lingua “nuova”, carica di neologismi figli della sua multicultura, delle sue conoscenze dei dialetti Europei, è una lingua cieca, labirintica, complessa. Con la Rosselli si parla di avanguardia, di sperimentazione, i suoi “errori” continui, i suoi pazzi avvicinamenti sintattici. Una scrittura diversa, tutta sua, per nulla tesa verso l’esterno, per nulla capace di abbracciare qualcosa di definito, eccellente specchio della sua personalità. E’ l’autrice stessa a spiegare che “la lingua in cui scrivo volta a volta è una sola, mentre la mia esperienza sonora logica associativa è certamente quella di tutti i popoli e riflettibile in tutte le lingue”. Ne deriva una singolarissima e voluta ignoranza delle regole sintattiche e morfologiche da cui nasce una “scrittura-parlato intensamente informale in cui per la prima volta si realizza quella spinta alla riduzione assoluta della lingua della poesia a lingua del privato” (Mengaldo).

L’ 11 febbraio 1996 a Roma muore suicida.

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