25 aprile

Linea gotica

Linea gotica

A partire dall’autunno del 1943 l’Italia risultò divisa in due entità statali distinte e in guerra l’una con l’altra: al sud il vecchio Stato monarchico resisteva con il suo governo Badoglio e la sua burocrazia, esercitando la sua sovranità sotto il controllo alleato; al nord il fascismo risorgeva dalle sue ceneri sotto la protezione degli occupanti nazisti. Il 12 settembre 1943, un commando di aviatori e paracadutisti tedeschi liberò Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Pochi giorni dopo nasceva la Repubblica sociale italiana a Salò,sul lago di Garda, un nuovo Partito fascista repubblicano e un nuovo esercito che continuasse a combattere a fianco degli antiche alleati contro gli artefici del tradimento del 25 luglio, badogliani, monarchici e fascisti moderati. Intanto nell’Italia divisa si organizzavano le prime formazioni armate antifasciste: le prime si raccolsero sulle montagne dell’Italia centro-settentrionale subito dopo l’8 settembre e nacquero dall’incontro fra i piccoli nuclei di militanti antifascisti già attivi nel paese e i gruppi di militari sbandati che non avevano voluto consegnarsi ai tedeschi. I partigiani agivano soprattutto lontano dai centri abitati, con attacchi improvvisi ai reparti tedeschi e con azioni di sabotaggio, ma erano presenti anche in città con  i Gruppi di azione patriottica e compivano attentati contro militari o singole personalità tedesche o “repubblichine”. A ogni attacco i tedeschi rispondevano con spietate rappresaglie: particolarmente feroce quella messa in atto a Roma, nel marzo del 1944, quando, in risposta ad un attentato in cui avevano trovato la morte 32 militari tedeschi, furono fucilati alle Fosse Ardeatine 335 detenuti, ebrei, antifascisti e militari “badogliani”. Dopo una prima fase di aggregazione spontanea, le bande partigiane si organizzarono in base all’orientamento politico prevalente fra i loro membri: le Bande Garibaldi erano le più numerose e attive, formate in maggioranza da comunisti; le formazioni di Giustizia e Libertà si ricollegavano all’omonimo movimento antifascista degli anni ’30 e al nuovo Partito d’azione; le Brigate Matteotti erano legate ai socialisti e, infine, vi erano anche formazioni cattoliche e liberali e bande autonome composte per lo più da militari di orientamento monarchico. Durante i cosiddetti “quarantacinque giorni”, che separarono la caduta del fascismo (25 luglio 1943) dal giorno dell’armistizio (8 settembre 1943), i partiti antifascisti riemersero alla luce. Già prima della fine del regime era sorto il Partito d’azione (Pda), nello stesso periodo numerosi esponenti cattolici avevano elaborato, con il cauto appoggio delle gerarchie ecclesiastiche, il programma di una nuova formazione politica che raccoglieva l’eredità del Partito popolare italiano: la Democrazia Cristiana. Subito dopo il 25 luglio si costituì il Partito liberale e rinascevano il Partito repubblicano e il Partito socialista. I comunisti, da sempre presenti nel paese con i loro nuclei clandestini, riuscirono a ricostituire gran parte del loro gruppo dirigente, soprattutto dopo la liberazione, avvenuta in agosto, di molti leader dal carcere e dal confino.  Dopo l’8 settembre i rappresentanti dei sei partiti ( Pci, Psiup, Dc, Pli, Pda e Democrazia del lavoro) costituirono a Roma il Comitato di Liberazione nazionale (Cln), incitando la popolazione ala lotta e alla resistenza. e ponendosi in contrapposizione non solo con le forze nazifasciste ma anche con il governo Badoglio, di cui si chiedeva la sostituzione. Questo tuttavia godeva dell’appoggio alleato poiché era l’unico garante degli impegni assunti con l’armistizio. Nell’ottobre del ’43 il governo dichiarò guerra alla Germania ottenendo per l’Italia  la qualifica di “cobelligerante”. Il contrasto tra Cnl e governo fu sbloccato dalla cosiddetta “svolta di Salerno”, ad opera del leader comunista Palmiro Togliatti che, tornato dal suo esilio ventennale in Urss e sbarcato a Napoli, propose di accantonare qualsiasi pregiudiziale nei confronti del re e di Badoglio per formare un governo di unità nazionale. Da parte sua il re Vittorio Emanuele III si impegnò, una volta liberata Roma, a passare i poteri al figlio Umberto  in attesa che fosse il popolo a decidere, una volta concluso il conflitto. Così nel giugno del ’44, liberata la capitale dagli alleati, Umberto assunse la luogotenenza del regno, Badoglio si dimise e si formò un governo di unità nazionale presieduto da Ivanoe Bonomi, emanazione diretta del Cnl. Ciò significò un maggior legame tra i poteri legali dell’Italia liberata e il movimento di resistenza che conobbe, nell’estate 1944, il momento di maggiore vitalità. La base di reclutamento delle bande si allargò tra gli strati operai e contadini, si costituì un comando unificato, le azioni militari dei partigiani si fecero più frequenti, nonostante le rappresaglie tedesche (la più feroce fu quella messa in atto a Marzabotto sull’appennino bolognese, dove, nel settembre del ’44, furono uccisi 1800 civili, in pratica l’intera popolazione del paese). Molte città furono liberate prima dell’arrivo degli alleati e in alcune zone dell’Italia settentrionale la resistenza riuscì addirittura a creare delle “repubbliche partigiane”, amministrate secondo modelli di autogoverno popolare. Nell’autunno 1944 l’offensiva alleata si arrestò, bloccandosi lungo la “linea gotica”, fra Rimini e La Spezia. Questo fu il momento più difficile per la resistenza italiana: gli alleati invitarono i partigiani a sospendere qualunque azione su larga scala, si riaccesero i contrasti con il governo di Roma, i rastrellamenti tedeschi continuavano. Nella primavera del 1945, con la ripresa dell’offensiva alleata e il definitivo cedimento delle difese tedesche, la Resistenza sarebbe stata pronta a promuovere l’insurrezione generale contro gli occupanti  in ritirata e ad assumere il potere in nome dell’Italia libera.  Il 25 aprile i tedeschi abbandonavano Milano, Mussolini, che tentava di fuggire in Svizzera travestito da soldato tedesco, fu catturato e fucilato dai partigiani (28 aprile 1945). L’Italia era finalmente libera.

Liberamente tratto da L’età contemporanea, A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto, Laterza ed., 1993

 

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